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La Chiesa – Santuario del Beato Sante La chiesa si innalza sul porticato costruito nel 1663 e…
La Chiesa - Santuario del Beato Sante
La chiesa si innalza sul porticato costruito nel 1663 e che unisce, a destra, la chiesetta innalzata nel 1713 dal p. Bonaventura da Fano (ora sconsacrata dalla guerra del 1944) sopra della quale è situata l’antica biblioteca conventuale; e, a sinistra, congiunge il convento che si sviluppa fuori del porticato, delimitando il piazzale con il braccio costruito in due tempi.
Infatti nel 1763 è stato innalzato il voltone che unisce la foresteria, ora soggiorno dei pellegrini e posto di ristoro. Ritornando alla chiesetta, il visitatore noterà la modestia dell’architettura ricavata da una precedente edicola, dove oggi è conservata una parte della quercia del Beato Sante.
L’altare in pietra serena, privato in epoca a noi ignota della sua pala originale, è una ottima opera di scalpellini locali (metà del 1600): nel fondo, frate Arturo Cicchi, decoratore di fama, ha eseguito nel 1967, in finto graffito su oro in foglio, il miracolo della quercia. Il muro contiguo alla sacrestia, sviluppa la cappella del beato Sante, che fino al 1770 era la cappella di San Francesco.
Originariamente prendeva luce da una grande finestra a strombo (chiusa nel 1930), che dava vita alla architettura interna, il pregio della quale ancora resta intatto nella copertura a vele, aggraziata al centro da una minuscola cupola e da un piccolo lucernario ovale, il tutto decorato a stucco. Con gli interventi edili del 1930, la cappella del Beato Sante è stata arricchita dagli affreschi del prof. C. Pavisa, nelle vele con soavi gruppi di angeli, nelle due pareti con due grandi affreschi riquadrati che rievocano il miracolo del lupo e delle ciliegie.
La costruzione deve riferirsi a circa vent’anni prima della sacrestia, perché sulla parete esterna che congiunge in un sol corpo la sacrestia alla cappella del crocifisso, si legge: FEMI – 1650. E° storicamente certo però che la cappella del Beato Sante è stata eretta (all’interno) nel 1771-73 a spese del convento, del Comune di Montefabbri e del pio signore Sante Brancorsini, discendente del nostro santo.
E’ questa la navata laterale sud della chiesa, appoggiata all’antica di stile romanicogotico. Nascoste tra le volte e il tetto della nave minore, esistono infatti le strutture antiche del fastigio della chiesa, alcune lesene troncate e il coronamento romanico dell’edificio con modanature in cotto ed archetti pensili. Entrando sotto il porticato, il visitatore osserva il portale in pietra di stile gotico fino all’impostatura dell’arco: e da questo rileva che la Chiesa, nella forma primitiva, era costruita nello stesso stile.
La porta di legno viene riferita nella sua struttura principale alla metà del 1300. Mentre la porta laterale che immette direttamente alla navata minore è, insieme con il portale, della seconda metà del 1600. Entrando in chiesa ci si accorge subito della fattura modesta, ma essa contiene artistici e pregevoli lavori.
1 – L’ORGANO.
L’opera è del 1731; l’autore è il famoso organaro Pietro Nacchini, dalmata, prima frate minore e poi prete diocesano a Udine. Il Nacchini è il maestro del grande Callido. L’opera, originale nella sostanza, ha subito restauri nel 1930 dall’organaro cav. Eutizio Spinaci di Mombaroccio, ed è costruita sulla parete di entrata sopra una orchestra pensile del medesimo periodo.
2 – ALTARE DI S. ANTONIO DI PADOVA (a sinistra entrando in chiesa).
Costruzione barocca in legno, riccamente intagliato e dorato. Le colonne terminano con capitelli corinzi sostenenti una trabeazione molto elaborata. Al centro della cimasa il sole, simbolo del B. Sante! Sopra la nicchia del Santo (fine 1600), La Madonna adorante il Bambino incoronata da due angeli (tempera di cm. 107X64) – Arte marchigiana del sec. XV, seconda metà. Ai lati della nicchia, S. Giovanni da Capestrano e S. Pasquale Bajlon, olii su tela, fine 1600. Paliotto in scagliola policroma, con al centro Sant’Antonio, riccamente decorato con fiori e foglie d’acanto. Scagliolista marchigiano del sec. XVIII, Alla base di tutto V’altare lo stemma francescano e la data 1710.
3 – ALTARE DELL’IMMACOLATA,
Statua in stucco del 1918. Già altare di San Francesco, costruito nel 1769, ha subito manomissioni e danni irreparabili da eventi bellici (1944). L’opera che è collocata sull’area dell’antica tomba del B. Sante, è in legno e di buon disegno con ornati semplici, dalla base al timpano. Le colonne attortigliate si chiudono con capitello composito, Alla base è riprodotta l’arma della F.G., tre monti, il gallo coronato e tre stelle, in campo rosso. Paliotto in scagliola con cornice e intrecci di foglie d’acanto in bianco e nero; e al centro, San Francesco in estasi sorretto dall’angelo a monocromato, ai piedi un libro aperto dove si legge: Ad. Rev.dus P. Joseph (Santi, 1649-1709) a Montejano – Lector et concionator g.lis – bis Min. Pro.lis ex cus. – Fieri fecit a P. Silvestro P. Bon. – Anno Domini 1700 Mensis Jul. – Scagliolista marchigiano.
4 – ALTARE DI SAN FRANCESCO D’ASSISI
Già di San Diego. Costruzione in legno dorato, più bella e armonica. Al centro, la nicchia con la statua di S. Francesco (seconda metà 1700), con fregi, nubi e serafini nel catino. Sopra, due angioli a tutto tondo sembrano reggere qualche cosa ora scomparsa. Le colonne attortigliate e ornate da racemi di lauro, terminano con capitelli corinzi che reggono la trabeazione coronata, al centro, da un serafino e una conchiglia con sopra la croce. Nella cartella, sotto, si legge: Ora pro nobis Dominum Beate Didace. Alla base, a sinistra un cartello con lo stemma dell’Ordine francescano; a destra un cartello con le stimmate di San Francesco. Paliotto in scagliola policroma, con al cen. tro San Diego, decorato con fiori e piccoli animali. – Scagliolista marchigiano del secolo XVIII.
5 – ALTARE ANTICO DELLA CONCEZIONE (di fronte a quello di San Francesco).
La grandiosità e ricchezza dell’opera è mortificata dalla scomparsa della pala, sicuramente in tela, in epoca a noi ignota. I legni dorati e dipinti a finto marmo, sono di sovrabbondante ricchezza decorativa. Le colonne tortili si chiudono con capitelli corinzi. In alto, sopra la cornice dov’era la pala, si distacca la statua dell’eterno Padre benedicente. La guerra del 1944 ha mutilato alcune parti. Alla base, due cartelli con diciture in oro liquido, illegibili, e la datazione 1714. Palioito in scagliola policroma, con al centro in un serto di lauro, una figura di Santo francescano con giglio e libro. L’ornato è costituito da foglie di acanto e fiori con due uccelli al disopra del serto di lauro. Cornice incompleta. – Scagliolista marchigiano del sec. XVIII.
6 – ALTARE DI SANT’ANNA (della sacra famiglia).
Costruzione sobria post rinascimentale. Ampia l’area per la pala in tela che raffigura Sant’Anna, San Gioacchino e la Madonna che presenta Gesù bambino, L’olio è una copia modesta della famosa impannata del Leonardo; i colori sono ossidati; la conservazione è in stato di precarietà. Belle le colonne e i capitelli corinzi e tutta la cornice intorno alla tela; sotto, una cartella a rilievo con la scritta: Anno Domini1638. Capiteneus Lelius De Giammartinis De Monte Biroccio Hoc Fecit Altare. Paliotto in scagliola policroma, con al centro l’arma composita forse dei Giammartini e dei Corvini, proprietari dell’altare. Stupenda decorazione floreale e foglie d’acanto. – Scagliolista marchigiano del sec. XVIII.
7 – ALTARE DEL SS. CROCIFISSO.
Altare di pietra serena con fregi dorati a rilievo su fondo azzurro nelle paraste, con capitelli dorici che sostengono la trabeazione. Si apre in centro l’ampia finestra rettangolare con cornice di pietra, dove si conserva un Crocifisso di legno modellato a tutto tondo risaltante sopra una tavola dipinta che rappresenta la Vergine svenuta, San Giovanni e la Maddalena e una pia donna che sorregge la Madonna. Il Crocifisso è databile al sec. XV per attribuzione stilistica; la tavola al sec. XVI; opera attribuibile a Cola d’Amatrice. Sul basamento delle paraste, sono scolpiti due stemmi identici: Un Cavallo che pascola su onde marine: agli angoli le lettere S. L. C. FF. Sulla cimasa troviamo la data MDCLXI. Paliotto in scagliola policroma con, al centro, Gesù crocifisso in una corona ovale di spine e tutt’intorno strumenti ed oggetti della passione descritti con minuzia, di stile settecentesco, – Scagliolista marchigiano del sec. XVIII.
8 – SANT’ANTONIO ABATE (affresco distaccato – cm. 315×207).
Artista marchigiano del sec. XV, che risente delle correnti toscane e ferraresi della seconda metà del secolo. Il Santo è raffigurato seduto su di uno scanno, mentre con la mano destra benedice e con la sinistra sorregge un libro aperto e una cornucopia da cui esce del fuoco; in basso il maiale; ai margini, due gruppi di confratelli in saccone bianco e cappuccio. L’opera proviene dalla chiesa demolita della Confraternita di Sant’Antonio Abate nel castello di Mombaroccio; è stata consegnata in custodia al Santuario nel 1957. E’ collocata a destra dell’altare maggiore.
9 – L’IMMACOLATA, SAN BONA. VENTURA, SAN TOMMASO D’AQUINO, SAN GIACOMO DELLA MARCA E SAN BENVENUTO DA OSIMO, VESCOVO
(Olio su tela).Artista marchigiano del sec. XIX. Dipinto che ha molto sofferto per l’incuria e per i cattivi restauri apportati. Si ritiene una pala di altare, ma ora è collocato a sinistra dell’altare maggiore. L’opera non presenta aspetti culturali specifici, è una semplice rievocazione della definizione del dogma della Immacolata e di Santi che hanno avuto parte a tale pietà mariana nei sec. XIV e XV. La tradizione lo rivendica al pittore p. Celestino Pesarini di Ancona discepolo del p. Favini.
10 – ALTARE MAGGIORE.
E’ una costruzione di modesta fattura, in legno, ora ridipinto, del 1700. Forse nasconde l’antica mensa dell’altare trecentesco della chiesa antica. Degno di particolare considerazione il Paliotto in scagliola policroma con, al centro, l’adorazione degli angeli al Sacramento. Davanti però al paliotto di scagliola, è ordinariamente collocato un paliotto in legno intagliato e dorato di nobile fattura con, al centro, lo stemma di San Francesco. La decorazione di foglie di acanto e la ricchezza del disegno barocco lo fanno per stile vicino agli altari del sec. XVIII.
11 – CRISTO CROCIFISSO. Tempera su tavola di cm. 365 x 280.
Ai piedi del Cristo è raffigurata la Maddalena; nei lobi laterali, la Vergine dolente e San Giovanni Evangelista; nel lobo superiore, Gesù benedicente. Opera di alto pregio artistico, probabilmente di artista marchigiano (fabrianese?) molto vicino all’arte senese. Di notevole interesse artistico, il dipinto ha suggerito interpretazioni diverse ed ha suscitato, in questi ultimi tempi, studiosi di fama come il prof. Alberto Rossi, o come Miklòs Boskovits che lo rivendica ad Antonius Magister di Bellpuig nel quadro dell’influsso italiano sulla pittura catalana del primo venticinquennio del 1300. Il Crocifisso del convento beato Sante, in cui gli elementi presi dal repertorio formale di Pietro Lorenzetti sono adoperati insieme ad altri, decisamente più arcaici, suggeriscono la collocazione nel decennio 1320-1330. Ripulito nel 1956, a cura della Soprintendenza di Urbino, è collocato sopra l’altare maggiore, dominando l’intera aula sacra.
12 – IL BEATO SANTE GUARISCE I MALATI (o le guarigioni del Beato Sante). Dipinto a olio su tela di p. Atanasio Favini
(1749-1843), in bella cornice centinata, che sovrasta l’altare del Beato Sante nella sua cappella. Il Favini nacque a Coriano di Rimini e si fece frate minore a Bologna, nel 1765. Divenne discepolo del pittore Pietro Ferrari, artista nella corte del Duca di Parma. Viaggiò per ragioni di lavoro, soprattutto nel centro Italia, acquistandosi larga fama specialmente a Roma nel periodo napoleonico. Il quadro delle guarigioni del Beato Sante se mutua il soggetto da un dipinto nella chiesa di Montefabbri (dei Gandolfi?), si arricchisce nei personaggi, nel colore e nel disegno che è accuratamente eseguito come del resto nella maggior parte delle sue tele. Dipinto per il Santuario dopo la parentesi napoleonica, deve essere datato intorno al 1820. Padre Atanasio chiudeva la sua vita il 4 novembre all’età di 94 anni. I devoti lo chiamano il pittore del Beato Sante. Lasciò più di mille opere da Roma, a Macerata, a Bologna… a Pietroburgo, ma soprattutto lasciò esempi di santità che lo fece umile seguace del Poverello.
12 bis – ALTARE DEL BEATO SANTE E LA SUA URNA.
L’altare costruito come quelli basilicali, conserva, come grande gemma preziosa, l’Urna in legno dorato con il corpo del Beato Sante protetto dal vetro (1771). Il magnifico altare fu eseguito da Giovanni Ascani in Roma, secondo il disegno dell’architetto Giovanni Minelli nell’anno 1771. E’ bello e ricco di marmi; è intarsiato di pietre di affricano, di giallo di Torre, di verde antico, di giallo di Siena con fascie di diaspro di Sicilia e di alabastro; e con cordoncini di verde e di giallo di Torre. Si eleva su un basamento di mandorlato rosso di Verona a due gradini, con una parte del pavimento originale dell’epoca. Artistico il ciborio con la fronte, rivolta al popolo, ornata da l’immagine del Beato Sante in scagliola policroma di finissima fattura, che sembra ricalcare le immagini correnti con varianti, simboli e particolari degni di nota. (Ovale di cm. 29 x 38) – Scagliolista marchigiano.
12 ter – CERAMICHE DEL SECOLO XV.
Frammento di pavimento maiolicato, incassato nel muro alla base della parete principale della cappella del Beato, sotto l’icona. Pannello di em. 107 x 119, opera di Maestri maiolicari locali del 1400. Resto prezioso del pavimento antistante
il sacello antico del Beato Sante, circoscritto da balaustra, al centro della chiesa, nel luogo ora occupato dall’altare dell’Immacolata.
13 – LA VIA CRUCIS.
Sono 14 quadri dipinti ad olio su tela, in cornice originale, del pittore Giuseppe Natali di Fermo, compiuti nel mese di luglio dell’anno 1738, essendo presente al Santuario il grande divulgatore della Vis Crucis, San Leonardo da Portomaurizio. L’opera è stata restaurata a cura della soprintendenza di Urbino nel 1973. Gli episodi diventati così più leggibili alla critica, sono inseriti nel paesaggio tipico del 1700; le figure sono ben disegnate e i volti molto espressivi. Sono collocati sulle pareti dell’aula centrale della Chiesa.
14 – GLI STALLI DEL CORO E GLI ARMADI DELLA SACRESTIA.
La modesta architettura della chiesa ospita la magnifica opera in legno del coro e della sacrestia. Il coro, a due ordini di stalli ornati da colonne tortili e capitelli corinzi è quanto di più squisito si può chiedere ad un artista colto e fertile come il Venanzo Guidomei di Ginestreto, Pesaro, L’opera è stata eseguita su legno di noce a due ripiani che si sviluppano ad U per tutto il perimetro dell’abside, con al centro la salmista (1721). Gli armadi della Sacrestia, che coprono interamente le quattro pareti dell’edificio fino al cornicione da cui spicca la volta, sono di una suntuosità principesca (1722). Il movimento delle linee arricchite da intagli e dai pannelli di radica di noce, fanno dell’opera un autentico monumento che sviluppa dalla base, in verticale, capaci armadi sopra i cassettoni, inquadrati da maestose colonne tortili con capitelli corinzi, spiccanti su mensole pensili intagliate ed ornate da foglie di acanto. Nella parete centrale si eleva una cimasa con tela raffigurante il Beato Sante e i martiri francescani Nicolò e Pietro da Sassoferrato. Negli armadi si conservano reliquiari in legno del 1700, candelieri e vasi sacri. Nei cassettoni sono custoditi paramenti sacri.
15 – LE VETRATE ISTORIATE DELL’ABSIDE.
Ne 1968, fra Arturo Cicchi da Ostra Vetere, decoratore e vetraio di fama, ha modellato e costruito insieme al giovane fra Aldo Marinelli da Matelica, le due vetrate istoriate. La tecnica è quella antica; i soggetti rappresentano San Francesco d’Assisi con le braccia levate a preghiera e il Beato Sante con la bisaccia sulle spalle.
16 – IL SEPOLCRO ANTICO DEL BEATO E I FRATI SANTI.
In ultimo vogliamo convogliare l’attenzione dei visitatori sul luogo della prima sepoltura del Beato Sante. A sinistra, entrando in Chiesa, tra l’altare di Sant’Antonio di Padova e l’altare dell’Immacolata, arde sempre una lampada per ricordare il miracolo del giglio che spuntò dal cuore del Beato (1395). Ma c’è un altro motivo che eleva la nostra fede. Nel 1769 fu demolito il sepolcro antico del Beato (1530), testimone di pietà plurisecolare; e, mentre le sue spoglie venerate furono collocate nella cappella, sotto l’altare di marmi pregiati dell’architetto Minnelli, i resti mortali degli altri santi Frati sepolti sotto la sua urna, furono ricomposti nel luogo rischiarato dalla lampada. Essi sono: il Beato Giovanni, Vicario provinciale, morto nei primi tempi della fondazione del Convento; il Beato Agostino da Mombaroccio, morto nel 1450, teologo di fama e dottore alla Sorbona, fu anche Ministro Provinciale dei Frati delle Marche; il venerabile p. Bartolomeo da Monteciccardo, morto con fama di santità nel 1517; e altri, tra i quali il venerabile p. Bonaventura da Montebaroccio, Teologo a Perugia, predicatore di fama, ma soprattutto santo, morto il 6 luglio 1603; il p. Serafino da Mombaroccio, ministro provinciale, morto nel 1577, lasciando fama di saggezza e vita altamente spirituale; e, infine, il p. Francesco Verdeselli da Fermignano, Teologo alla corte del Duca di Urbino, scrittore e biografo del Beato Sante, ricco di meriti e di virtù, morto nel 1643.
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Il fascino di tanta santità fiorita intorno al Beato Sante ininterrottamente, crea ogni giorno un’atmosfera spirituale che prende l’animo di quanti arrivano in questo luogo di preghiera. Queste memorie confortano il visitatore che esce dal Santuario e, mentre si incammina sulla via del ritorno, nutre la nostalgia della pace e della fede,… in una cornice elevata dalla natura, dalle esperienze umane e da quelle artistiche che i secoli, nonostante tutto, non hanno mai potuto cancellare. Con questo ricordo, chiudiamo questa breve guida al Santuario, itinerario di fede e d’amore e di Dio tra gli uomini.